QUALITA’ DELL’ARCHITETTURA CILENA CONTEMPORANEA. “l’Industria delle Costruzioni”424. “Architettura in Cile”

Le considerazioni che seguono non costituiscono una riflessione critico-teorica ma una sorta di taccuino di viaggio i cui contenuti trovano un articolazione specifica legata a una personale inclinazione interpretativa del testo architettonico. E’ appunto all’edificio come testimonianza culturale e narrativa che faremo riferimento in questo caso, al manufatto riguardato come condensato di trascrizioni molteplici e significanti.

Il Cile è un luogo lontano. Se riguardato dal cuore del vecchio continente, esso appare come una terra ricca di fascino e mistero, uno scenario ancestrale e apocalittico. Territorio di immensi silenzi, ampie distese e di struggenti altimetrie. Uno spazio planetario così ampio da suscitare fantasie archetipiche e suggestioni simboliche. Questa terra così intensa, nel suo carattere e nella sua manifestazione, è elemento primario di ogni azione umana che su di essa si attesta; in prima istanza, dell’architettura che al rifugio alla protezione riguarda come conseguenza primaria dell’atto fondativo e costruttivo.

Un luogo avventuroso e poetico, mitologico. Non è un caso che in Cile il mito è cardine della cultura architettonica contemporanea, forgiato nel poema epico “Amereida”, il poema che rappresenta l’unico filo ereditario possibile per una intera generazione di artisti intellettuali e architetti che della nuova America sono artefici e narratori. Il “mare interno” è dunque traversato con l’intento di forgiare un pensiero libero dai condizionamenti delle culture egemoni e fagocitanti. Essere liberi è un imperativo che porta a un eterogeneità delle pratiche, delle scuole e delle attitudini. Non sono infatti riconducibili a un unica fonte i molteplici rivoli dell’architettura cilena, anzi, sono difficili da inscrivere, perimetrare e catalogare.

Da questo lascito, da queste “eredità” che lo scenario romantico e pervasivo del luogo mettono in atto, e dalla coesione tra queste ambiguità e le rigide istanze dettate da fattori tecnico-economici (connaturati alla costruzione), derivano delle attitudini del progetto che possiamo in buona misura interpretare come delle “qualità”.

Un cultura priva di un approccio unilaterale, dove non è possibile riconoscere la presenza linguistica di un maestro ma piuttosto una eterogeneità di atteggiamenti e declinazioni. Una ricerca resa agile dall’assenza del potere condizionante della storia e della tradizione. Un architettura liberata da occlusioni e autocensure che definisce idealmente una “terra nuova”. Il Cile è dunque paradigma della sperimentazione, della scoperta e dell’esplorazione.

Semplicità
Adottare un approccio pragmatico alla complessità dei temi che l’architettura sottopone ai suoi artefici è una scelta volontaria che emerge in modo evidente in molti edifici di nuova costruzione. Esigenze primarie sono l’abitare, il percorrere, il sostenere, il rappresentare; delle necessità di cui bisogna favorire uso e svolgimento senza sovrabbondanza di motivi formali o inutili allegorie. Ogni orpello risulta essere superfluo, la costruzione fa’ di povertà e umiltà qualità positive e avvaloranti. Quest’idea è riconoscibile in tutti i diversi stadi del processo costruttivo: da quello iniziale e creativo che si invera attraverso delle scelte compositive essenziali (distributive, funzionali, strutturali) poi trasfuse nel manufatto mediante la sincerità d’uso del materiale portante e di finitura.

Lo studio dRN arquitectos formato da Nicolás del Rio e Max Núñez realizza nel 2007 un elegante casa per vacanze lungo il versante sud della località turistica di Maitencillo. Una piccola costruzione che traduce in modo esemplare le richieste della committenza interessata a un organismo flessibile e agile in grado di poter favorire contemporaneamente raccoglimento e apertura. Struttura portante e rivestimento sono in legno di pino e la realizzazione ha richiesto appena dieci mesi.

Con la medesima chiarezza di approccio e misurata eleganza Sebastian Irarrazaval porta a termine sempre nel 2007 l’Indigo Hotel a Puerto Natales, in Patagonia. Parlare di semplicità in un edificio non sempre equivale a negarne la complessità. Si tratta infatti di un paradosso per nulla scontato. La semplicità è una riduzione volontaria delle intricate qualità che sostanziano un manufatto. Questo progetto di Irarrazaval è significante proprio se riguardato secondo questa prospettiva. L’articolazione dello spazio interno tende a esasperare la dicotomia tra spazio servente e servito, mentre la crisalide esterna dell’edificio è il felice risultato di una sinergia tra recupero di materiali locali, reinterpretazione dell’immaginario portuale -legato sopratutto alla creazione di un typing e lettering che alludono alle segnaletiche e ai containers – e un sistema articolato dei vuoti in facciata.

Tra i progettisti cileni di nuova generazione forse più promettenti, Smiljan Radic porta a termine negli ultimi anni un cospicuo numero di realizzazioni dal carattere eterogeno. Progetto vincitore dell’omonimo concorso nel 2000 inaugurato nel 2007 e ancora in costruzione, il Centro Civico di Concepción applica l’approccio “semplice” a un tema difficile quale quello del recupero di aree urbane parzialmente dismesse. Una struttura in acciaio in grado di evocare memorie industriali (sul sito insisteva la stazione ferroviaria) è rivestita da una tipologia di pannelli opaco-translucidi che nel loro assemblaggio alternato dispiegano una poliedrica ritmicità dei prospetti principali.

Alcune delle architetture presenti in rassegna presentano poi ulteriori declinazioni del tema proposto. AATA Arquitectos, costruiscono a Hanga Roa (Isola di Pasqua), un piccolo complesso turistico composto dalla giustapposizione di piccole capanne in legno. Si tratta di un sistema autosufficiente dal punto di vista energetico, caratterizzato da una geometria elementare e interamente prefabbricato; ciò ha permesso di trasportare via mare e successivamente montare sull’isola tutti gli elementi di cui il progetto è composto.
Esemplare nelle strategie messe in atto per ottimizzare l’efficientamento energetico dell’edificio è la nuova sede della Nestlè Chile appena terminata da GH+A Arquitectos, estetica e tecnica si armonizzano dando forma a un edificio misurato in cui il tema della doppia facciata buffer in curtain wall diviene il cardine concettuale della partitura dei prospetti. Ampi specchi d’acqua favoriscono il raffrescamento passivo, messo in atto da specifiche soluzioni strutturali e morfologiche.

La costruzione viene dunque interpretata come un atto essenziale per modalità e contenuti trasmessi o trasfusi al suo interno. Semplificare è allora non solo una scelta ma anche un obbligo richiesto dalle condizioni climatiche e orografiche, dall’andamento dei venti e non ultimo dalla drammatica vitalità di una epidermide terrestre che qui è spesso irrequieta e scossa da potenti terremoti e tsunami.
Poeticità
Lo spirito libertario è dunque uno spirito magico e ispirato, che fa propri molti elementi della cultura latina – il realismo magico – che spesso vive di paradossi e surrealtà. Non è raro ritrovare degli elementi dissonanti, che alludono a dimensioni mistiche e spirituali inseriti in modo brutale e inaspettato all’interno di testi architettonici connotati da rigore e misura. Il concetto di natura, con tutte le interpretazioni che nel tempo si sono proposte di questo, può trovare in Cile un suo carattere precipuo che potremmo a buona ragione ritenere ispirato da visioni romantiche dal forte richiamo allegorico. Il manufatto fronteggia dunque uno scenario dotato di poesia e mistero; orizzonti insondabili e vertiginose costiere che precipitano nel vuoto, fanno spesso da sfondo a organismi silenti e enigmatici.

Così nella Poli House di Mauricio Pezo e Sofa von Ellrichshausen terminata nel 2005, dove sono forti gli echi delle ricerche sulla composizione cavernicolare proprie dell’architettura Svizzera contemporanea (si pensi al lavoro dello studio grigionese Bearth & Deplazes), qui rese particolari dalla struggente bellezza del paesaggio costiero contingente. Un cubo scavato che allude a un processo generativo di tipo sottrattivo, nel cui alveo perimetrale sono accolti tutti gli spazi serventi favorendo così protezione e isolamento delle zone private della casa.

In una contesto paesaggistico similare si inserisce la Casa 30 degli architetti Luis Izquierdo e Antonia Lehmann, una sorta di opera di land art che trasforma elementi classici della costruzione (il camino) in simboliche incursioni in universi narrativi legati al mare e al suo immaginario (il faro, il periscopio). Terminata nel 2007 quest’architettura esemplare sceglie di sciogliersi nel paesaggio e attraverso una introflessione dei suoi spazi (il patio, la casa, le terrazze) si mimetizza completamente nel territorio, lasciando emergere dal suolo soltanto 5 elementi posti a intervalli irregolari e discontinui.


A dimostrare che la trasmissibilità di un significato archetipico nella costruzione, non sia retaggio solo di una tipologia specifica – come la casa isolata unifamiliare – ma che altrimenti può trasfondersi anche in un progetto di housing sociale si presenta una recente realizzazione dello studio Undurraga Deves arquitectos, le abitazioni Mapuche a Huechuraba. Si tratta di un progetto patrocinato da “Un techo para Chile” destinato agli abitanti amerindi del Cile centrale. La visione del cosmo di questi ultimi è alla base del progetto, e il suo centro concettuale è incarnato dallo “gnomone” disposto trasversalmente nel prospetto principale. Quest’ultimo simbolicamente rappresenta l’unione tra cielo e terra, così rilevante in una etnia la cui prima risorsa è l’agricoltura.

 Smiljan Radic applica un processo di generazione formale basato sulla “dissonanza” per informare la poetica complessiva del ristorante Mestizo realizzato a Santiago nel 2007. Una copertura in travi in acciaio rigida e assoluta nella sua monoliticità scarica il suo peso su di una serie di blocchi di granito irregolari, un contrappunto evidente tra artificio e natura che produce una sensazione di forte straniamento e leggerezza. Si genera così uno spazio unico, una foliés, ricca di rimandi e citazioni associative (dal padiglione finlandese di Sverre Fehn ai giardini della Biennale, alle cariatidi di sostegno della pensilina di ingresso del complesso Highpoint II a Londra realizzato dal gruppo Tecton).

Pur incarnando un esempio di chiara semplificazione (dei processi costruttivi, dei materiali impiegati e delle proprietà comunicanti messe in atto), la sede della Bip Computers di Alberto Mozo, presentata in questo numero, è portatrice di un elevato potenziale simbolico e visionario. La poeticità intrisenca di questo manufatto sta nel tranquillo virtuosismo dei dettagli di assemblaggio della struttura in legno, così come nelle modalità di impiego e trattamento dello stesso. Infine l’immagine dello spazio interno allude, pur nel suo minimalismo, a uno spazio naturale incontaminato, una foresta in grado di respirare e interagire con le variazioni di luce e cromia circostanti. German del Sol fà del suo Hotel Remota in Patagonia un tropo, una riscrittura contemporanea, dell’archetipo del viaggio inteso contemporaneamente come meta e punto di arrivo comune su cui convergono rotte interiori dicotomiche e eterogenee. Il movimento, la traversata è declinata in molteplici modalità e da sostanza all’intera opera la cui presentazione è ospitata nelle pagine che seguono.

Un breve estratto dal mio testo introduttivo al numero n°424 Marzo-Aprile 2012 de “l’Industria delle costruzioni” dal titolo “Architettura in Cile” curato da c.a.c.p. studio e interamente dedicato alla recente produzione architettonica del paese sudamericano.

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